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IMU: dal 2025 diversificazione delle aliquote limitata per i sindaci

Francesco Giuseppe Carucci

 

Con il


D.M. 6 settembre 2024 il MEF ha individuato le fattispecie imponibili IMU per le quali, a partire dal 2025, i Comuni potranno diversificare le aliquote. La legge di Bilancio 2020, nel disciplinare nuovamente l’imposta, infatti, ha inteso limitare l’eterogeneità delle decisioni dei sindaci con cui i contribuenti devono confrontarsi su tutto il territorio nazionale. In verità, a giudicare dal prospetto delle aliquote allegato al decreto, che reca un piuttosto vasto elenco di scelte operabili, l’operazione non sembra riuscita in pieno. Ciò in ossequio all’


art. 2,


D.M. 7 luglio 2023 secondo cui, nell’ambito della potestà regolamentare dei Comuni, è possibile introdurre ulteriori differenziazioni all'interno di ciascuna fattispecie individuata. Svariati i termini da monitorare per la validità delle deliberazioni.

 

Il D.M. MEF del 6 settembre 2024 interviene in modifica del precedente D.M. 7 luglio 2023 al fine di sostituirne l’allegato A) con cui sono state individuate le fattispecie impositive ai fini IMU per le quali ai sindaci è consentito diversificare le aliquote.

 

Per l’abitazione principale, ove per legge non esentata, e per i fabbricati rurali strumentali non sono previsti margini di scelta di particolari condizioni, ma è solo possibile individuare l’aliquota. Per le altre fattispecie impositive (fabbricati del gruppo D, terreni agricoli, altri fabbricati, aree fabbricabili, etc.) il nuovo allegato A) individua una serie di condizioni in virtù delle quali i sindaci possono diversificare le aliquote. A titolo non esaustivo, si fa presente che è consentita la diversificazione delle aliquote a seconda che si tratti di immobili tenuti a disposizione e a quali condizioni, che siano concessi in fitto o in comodato, in stato di inagibilità, utilizzati dalle ONLUS, in base alla classificazione catastale o all’ubicazione, alle attività produttive cui sono destinati, a particolari requisiti del soggetto passivo o del diverso utilizzatore.

 

 

L’excursus normativo in tema di prospetto delle aliquote

 

Il legislatore, al fine di ridimensionare la giungla di aliquote tanto eterogenea sul territorio nazionale, nella quale sinora contribuenti e professionisti hanno dovuto imbattersi, ha inteso limitare la potestà degli enti comunali in tal senso. All’uopo, è intervenuto nella nuova e attuale legislazione IMU introdotta dalla legge n. 160/2019, con l’art. 1, comma 756, a rigor del quale, già a decorrere dall’esercizio 2021, i comuni avrebbero potuto diversificare le aliquote esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con apposito decreto del MEF che si sarebbe dovuto adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Tale termine non è stato rispettato.

 

Il successivo comma 757 impone l’obbligo, anche laddove il Comune non intenda diversificare le aliquote, di elaborare la delibera di approvazione redigendo l’apposito prospetto e servendosi della procedura operativa telematica imposta dalla medesima norma e che il medesimo decreto avrebbe dovuto disciplinare.

 

Il Dipartimento delle Finanze si è espresso sul tema con la risoluzione n. 1/DF del 18 febbraio 2020 chiarendo, naturalmente, che alcun obbligo per i comuni potesse considerarsi sussistente prima dell’adozione dell’apposito decreto ministeriale. Il decreto cui la norma di rango primario rimanda risale soltanto al 7 luglio 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 25 luglio.

 

Tra la promulgazione della legge di Bilancio 2020 e l’adozione del decreto, tuttavia, vi sono state importanti modifiche normative ad opera della legge n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023). L’art. 1, comma 837, della legge ha modificato il comma 756 della legge di Bilancio 2020 prevedendo che l’individuazione della fattispecie imponibili potesse essere oggetto di modifiche o integrazione attraverso analogo decreto. Si spiega in questo modo come è stato possibile adottare il D.M. 6 settembre 2024.

 

Ma il comma 837 della legge di Bilancio 2023 ha introdotto anche un’altra importante novità. La sanzione per i comuni che non adempiono all’obbligo di redigere il prospetto delle aliquote quale parte integrante della delibera decisionale, o all’obbligo di pubblicazione nei prescritti termini sul portale del Federalismo fiscale, consiste nell’applicazione delle aliquote standard (non modificate), generalmente più generose per i contribuenti, individuate per ogni fattispecie dall’art. 1, commi 748-755, della legge n. 160/2019.

 

Nonostante l’adozione del decreto attuativo di luglio 2023, che avrebbe reso obbligatori prospetto delle aliquote e procedura telematica a partire dal periodo impositivo 2024, così non è stato in quanto l’art. 6-ter del D.L. n. 132/2023 ne ha prorogato la vigenza a partire dall’anno d’imposta 2025.

 

A giudicare dalla numerosità delle fattispecie per le quali è ancora possibile intervenire, in verità, l’obiettivo di comprimere la libertà decisionale dei comuni imposta dalla legge di Bilancio 2020 non appare poi così centrato.

 

 

A cosa deve prestare attenzione il contribuente?

 

Al fine del monitoraggio della “ufficialità” delle aliquote deliberate non si dovrà soltanto prestare attenzione alla presenza del prospetto delle aliquote in delibera e che la stessa sia redatta in conformità della procedura telematica implementate sul sito del Dipartimento delle Finanze.

 

Come per i periodi antecedenti al 2025, infatti, le decisioni dei consigli comunali in ordine ad aliquote e regolamenti produrranno gli effetti per l’anno di imposizione se rispettano due scadenze.

 

I comuni devono inserire gli atti deliberativi nell’apposita sezione del sito del Dipartimento delle Finanze entro il termine del 14 ottobre dell’anno interessato per poi risultare pubblicate entro il 28 ottobre dell’anno medesimo e, al più tardi da tale decorrenza, essere liberamente consultabili (art. 1, comma 767, della legge n. 160/2019).

 

Ove tali termini risultino violati, in forza delle sopra richiamate novità della legge di Bilancio 2023, trovano applicazione le aliquote di base individuate dal legislatore nazionale e non più, come prima del 2023, le aliquote legittimamente vigenti per l’anno d’imposta precedente.

 

Occorre poi monitorare il rispetto di altri termini.

 

Secondo l’art. 1, comma 169, della legge n. 296/2006, infatti, le aliquote devono essere deliberate entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione relativo all’anno interessato. Tali deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio, purché entro il richiamato termine di approvazione del bilancio di previsione, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento. In virtù dell’art. 53, comma 16, della legge n. 388/2000, ciò vale anche per la vigenza dei regolamenti tributari comunali. Nell’ipotesi di inosservanza di questi ulteriori termini, tariffe, aliquote e regolamenti si intendevano prorogati di anno in anno. A seguito della sanzione introdotta dalla legge n. 197/2022, relativa all’inadempimento degli obblighi di pubblicità punito con l’applicazione delle aliquote di base, il legislatore non ha avvertito l’esigenza, probabilmente per una svista, di allineare all’innovato art. 1, comma 767, della legge n. 160/2019 l’art. 1, comma 169, della legge n. 296/2006. Considerato che l’efficacia degli atti deliberativi è subordinata agli obblighi di pubblicità sul portale del federalismo fiscale, prevale la previsione del comma 767 della legge n. 160/2019, non potendo operare la proroga annuale delle decisioni già assunte. Le deliberazioni adottate, inoltre, nel rispetto dell’art. 124 del TUEL devono essere pubblicate all’albo pretorio per produrre effetti, se non prevista l’immediata esecutività, dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione nel rispetto del successivo art. 134.

 

La mancata adozione del bilancio di previsione entro i termini comporta lo scioglimento del consiglio comunale. In tal caso, in virtù dell’art. 141, comma 2, del TUEL, il Prefetto diffida l’assise comunale ad adempiere in un tempo massimo di 20 giorni. Ma, come chiarito dal Dipartimento delle Finanze nella risoluzione n. 1/DF del 2017, anche sulla base delle sentenze n. 3808 e n. 3817 del 2014 del Consiglio di Stato, nonché della deliberazione n. 175/2015 della Corte dei Conti Lazio, la diffida prefettizia non contempla il termine per l’approvazione di aliquote e tariffe.

 

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