Roberto Fanelli - Docente di diritto tributario d’impresa presso UniMarconi Roma e Revisore legale
Quando si intraprende un’attività di collaborazione con un’impresa, al di fuori di un rapporto di lavoro dipendente, può porsi la questione su quale sia la formula migliore, per entrambe le parti, tra la collaborazione continuativa e il regime forfetario. La risposta non dipende solo dai risparmi fiscali: ad esempio, il collaboratore non deve avere una partita IVA e non è soggetto a determinati adempimenti perché i redditi percepiti dai collaboratori sono disciplinati come quelli del lavoro dipendente (è l’impresa committente a versare le imposte e i contributi dovuti e a effettuare le trattenute dal corrispettivo da versare al collaboratore). Come scegliere l’opzione più conveniente?
Chi
Soggetti che intraprendono attività di collaborazione continuativa con un’impresa, senza impiego di mezzi organizzati, al di fuori di un rapporto di lavoro dipendente, per un determinato periodo di tempo, quando l’attività svolta gode di una certa autonomia.
Ci si riferisce ai casi in cui, ai fini fiscali e contributivi, l’attività (soprattutto nel primo impiego o per i più giovani) viene svolta senza vincolo di subordinazione e il contratto di lavoro, quindi, può essere calibrato sia come attività di collaborazione continuativa (art. 50, comma 1, lettera c-bis, TUIR) sia come attività di lavoro autonomo in regime forfetario che, in presenza di determinate condizioni, è applicabile alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni (art. 1, commi da 54 a 89, legge n. 190/2014).
Ovviamente, non sempre, sotto il profilo giuridico, per effetto delle caratteristiche dell’attività esercitata o dei soggetti interessati, è possibile effettuare tale scelta.
Cosa
Il regime forfetario è applicabile alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni se, nell’anno precedente (art. 1, comma 54):
a) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro;
b) hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio (art. 70, D.Lgs. n. 276/2003), per lavoratori dipendenti e per collaboratori, anche “a progetto”, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati in partecipazione con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.
Non possono applicare il regime forfetario (art. 1, comma 57):
- le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
- i soggetti non residenti (ad eccezione di quelli che sono residenti in un Paese che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto);
- i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
- gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni;
- le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
- i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, eccedenti l'importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Sono considerati redditi da collaborazione, assimilati a quelli di lavoro dipendente, le somme percepite in relazione a rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività:
- svolte senza vincolo di subordinazione,
- a favore di un determinato soggetto,
- nel quadro di un rapporto unitario e continuativo,
- senza impiego di mezzi organizzati,
- con retribuzione periodica prestabilita,
sempreché le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione, esercitate dal contribuente.
Ai fini giuslavoristici, è previsto che si applica tale disciplina (assimilabile a quella del rapporto di lavoro subordinato) anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali) (art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).
I principali requisiti che devono essere contemporaneamente presenti per poter parlare di collaborazione continuativa sono (cfr. INL, circolare 30 ottobre 2020, n. 7):
- l'autonomia: la scelta dei tempi e del modo di esecuzione del lavoro spetta al collaboratore (ad esempio, il lavoratore non ha un orario di lavoro);
- il coordinamento: il collaboratore deve coordinare la propria attività con le esigenze organizzative del committente. In ogni caso, il committente non deve esercitare un controllo sull’attività del collaboratore;
- la continuità: la prestazione non deve essere occasionale ma progressiva nel tempo;
- il carattere personale dell'apporto lavorativo: occorre che il lavoro sia prevalentemente personale.
Come
Nel caso di attività resa nell’ambito “professionale” o “imprenditoriale” con applicazione del regime forfetario:
a) il reddito imponibile viene determinato applicando, all’ammontare dei ricavi conseguiti o dei compensi percepiti, un coefficiente di redditività previsto in relazione alle diverse categorie professionali e imprenditoriali (allegato n. 2 alla legge n. 145/2018). In pratica, si tratta di una percentuale che si applica ai ricavi e compensi complessivi, ottenendo la base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva e i contributi previdenziali. I coefficienti di redditività variano da un minino del 40 a un massimo del 78 per cento, applicabile alle attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi. Dal reddito così determinato si deducono i contributi previdenziali obbligatori (compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico), in base al principio di cassa;
b) al reddito imponibile si applica un’unica imposta (c.d. flat tax), nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, IRAP); l’imposta sostitutiva è ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività in presenza di determinati requisiti (il contribuente non deve aver esercitato, nei tre anni precedenti, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare; l’attività da intraprendere non costituisce, in nessun modo, mera prosecuzione di altra precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso del periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni; se viene proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio non supera il limite che consente l’accesso al regime);
c) i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta;
d) i contribuenti in regime forfetario non sono tenuti ad operare ritenute alla fonte, ad eccezione che quelle per lavoro dipendente e assimilato (ad esempio, non devono operare la ritenuta alla fonte sui redditi di lavoro autonomo eventualmente corrisposti);
e) ai fini IVA, i contribuenti forfetari, per le operazioni nazionali, non esercitano la rivalsa dell'imposta e non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti di beni e servizi (ferma l’applicazione delle norme ordinarie relativamente alle operazioni da e per l’estero);
e) sono soggetti, seppure in forma semplificata, agli adempimenti IVA (obbligo di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti, obbligo della fatturazione elettronica: per i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito ricavi o compensi non superiori a 25.000 euro, tale obbligo scatta dal 1° gennaio 2024).
Tutti i professionisti con partita IVA hanno l’obbligo di iscriversi alla Cassa Previdenziale di riferimento (ad. esempio Cassa Forense, ENPAP, etc.) o in alternativa alla gestione separata dell’INPS, per il versamento dei contributi previdenziali (per la determinazione delle aliquote contributive per il 2023, si veda la circolare INPS n. 12 del 1° febbraio 2023).
Nel caso di collaborazione continuativa, il reddito è assimilato a quello di lavoro dipendente e, quindi:
- il collaboratore non deve avere partita IVA e non è soggetto agli adempimenti IVA (in particolare, alla fatturazione); deve comunque essere iscritto alla gestione separata INPS (e assicurato contro gli infortuni e le malattie professionali);
- i contributi previdenziali e le imposte sono versati dall’impresa committente che li trattiene dal corrispettivo da versare al collaboratore.
La contribuzione e il premio INAIL sono ripartiti per 1/3 a carico del collaboratore e per 2/3 a carico del committente sul quale grava per l'intero l'obbligo del versamento (per la determinazione delle aliquote contributive per il 2023, si rinvia alla circolare INPS n. 12 del 2023).
Ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, come i redditi da collaborazione, si applicano le stesse disposizioni previste per la determinazione del reddito da lavoro dipendente (art. 52, comma 1, TUIR). Pertanto, i compensi sono soggetti alle aliquote d’imposta per scaglioni, di cui all’art. 11 TUIR.
Quando
I contribuenti accedono al regime forfetario al momento di intraprendere l’attività professionale o commerciale, fermo restando l’obbligo di comunicare la scelta operata nella dichiarazione di inizio di attività. Nel caso di passaggio dal sistema ordinario a quello forfetario, quest’ultimo decorre dal 1° gennaio. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno anche uno solo dei requisiti di accesso oppure si verifica una delle cause di esclusione. Tuttavia, se il contribuente realizza ricavi o compensi superiori a 100.000 euro, il regime forfetario cessa di essere applicabile dallo stesso anno in cui la soglia viene superata e, in tal caso, è dovuta l’IVA a partire dalle operazioni effettuate che determinano lo sforamento del tetto.
In caso di contratto di collaborazione, le imposte sono trattenute e versate dal datore di lavoro, come avviene per i redditi da lavoro dipendente.
Calcola il risparmio
La scelta tra i due tipi di modalità operativa non dipende solo dal risparmio fiscale.
Il collaboratore, infatti, non deve avere una partita IVA e non è soggetto, quindi, a determinati adempimenti (fatturazione) perché i redditi percepiti dai collaboratori sono disciplinati come quelli del lavoro dipendente.
In particolare, l’impresa committente versa le imposte e i contributi dovuti e li trattiene dal corrispettivo da versare al collaboratore.
Attesa l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 5% per i primi 5 anni, la convenienza ad applicare il regime forfetario cresce con il crescere del reddito imponibile.
Risparmio %
Caso n. 1
Un giovane professionista inizia la collaborazione con un’azienda. Le parti fissano un corrispettivo di 15.000 euro per 3 mesi. Per il lavoratore è il primo impiego e non ha altri redditi.
Regime forfetario
- Compenso: 15.000
- Coefficiente di redditività: 78% (allegato n. 2 alla legge n. 145/2018)
- Costi sostenuti: 1.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 11.700 (15.000 x 78%)
- Contributo gestione separata: 3.069 (11.700 x 26,23%)
- Reddito imponibile: 11.700 (si ipotizza che il contribuente abbia iniziato l’attività e, quindi, il contributo sarà deducibile l’anno successivo)
- Imposta sostitutiva: 585 (11.700 x 5%)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 1.200 (non detraibili)
- Reddito “in tasca”: 10.346 (15.000 - 1.000 - 3.069 - 585)
Regime di collaborazione
- Compenso: 15.000
- Costi sostenuti: 1.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 15.000
- Contributo gestione separata: 1.751,5 (15.000 x 35,03%/3)
- Reddito imponibile: 15.000 (si ipotizza che il contribuente abbia iniziato l’attività e, quindi, il contributo sarà deducibile l’anno successivo)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 1.200
- IRPEF: 2.250 (15.000 x 23% - 1.200)
- Reddito “in tasca”: 9.998,5 (15.000 - 1.000 - 1.751,5 - 2.250)
Caso n. 2
Prendiamo il caso n. 1 nell’anno n+1.
Regime forfetario
- Compenso: 15.000
- Coefficiente di redditività: 78% (allegato n. 2 alla legge n. 145/2018)
- Costi sostenuti: 1.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 11.700 (15.000 x 78%)
- Contributo gestione separata: 3.069 (11.700 x 26,23%)
- Reddito imponibile: 8.631 (11.700 - 3.069 pagato in relazione all’anno n)
- Imposta sostitutiva: 431,5 (8.631 x 5%)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 1.200 (non detraibili)
- Reddito “in tasca”: 10.499,5 (15.000 - 1.000 - 3.069 - 431,5)
Regime di collaborazione
- Compenso: 15.000
- Costi sostenuti: 1.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 15.000
- Contributo gestione separata: 1.751,5 (15.000 x 35,03%/3)
- Reddito imponibile: 13.248,5 (15.000 - 1.715,5 pagato in relazione all’anno n)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 1.200
- IRPEF: 1.847 (13.248 x 23% - 1.200)
- Reddito “in tasca”: 10.401,5 (15.000 - 1.000 - 1.751,5 - 1.847)
Caso n. 3
Uno sviluppatore software (codice ATECO 62.01.00) inizia la collaborazione con un’azienda, con un compenso pari a 35.000 euro per 12 mesi.
Regime forfetario
- Compenso: 35.000
- Coefficiente di redditività: 67% (allegato n. 2 alla legge n. 145/2018)
- Costi sostenuti: 3.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 23.450 (35.000 x 67%)
- Contributo gestione separata: 6.151 (23.450 x 26,23%)
- Reddito imponibile: 23.450 (si ipotizza che il contribuente abbia iniziato l’attività e, quindi, il contributo sarà deducibile l’anno successivo))
- Imposta sostitutiva: 1.172,5 (23.450 x 5%)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 2.600 (non detraibili)
- Reddito “in tasca”: 24.676,5 (35.000 - 3.000 - 6.151 - 1.172,5)
Regime di collaborazione
- Compenso: 35.000
- Costi sostenuti: 3.000 (indeducibili)
- Reddito netto: 35.000
- Contributo gestione separata: 4.087 (35.000 x 35,03%/3)
- Reddito imponibile: 35.000 (si ipotizza che il contribuente abbia iniziato l’attività e, quindi, il contributo sarà deducibile l’anno successivo)
- Oneri deducibili e detraibili (in termini di imposta), ragguagliati al periodo di lavoro: 2.600 (non detraibili)
- IRPEF: 6.550 (15.000 x 23% + 13.000 x 25% + 7.000 x 35% - 2.600)
- Reddito “in tasca”: 21.363 (35.000 - 3.000 - 4.087 - 6.550)
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