Giudizio positivo del CNDCEC sul disegno di legge di Bilancio 2023, per gli interventi di riduzione della pressione fiscale e, segnatamente, per gli interventi tesi ad ampliare la platea dei contribuenti ammessi al regime forfettario nonché per le misure di sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti consistenti nella riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e nella riduzione dal 10 al 5 per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d'impresa ai lavoratori dipendenti del settore privato. I Commercialisti hanno anche avanzato alcune proposte emendative.
Con comunicato stampa del 5 dicembre 2022 il CNDCEC è intervenuto sulla legge di Bilancio 2023: i commercialisti hanno evidenziato come si tratti di un impianto normativo
nel complesso positivo, che ovviamente potrà essere migliorato in sede parlamentare con ulteriori misure frutto anche dei contributi provenienti da parti sociali, categorie professionali
e altre organizzazioni.
Il giudizio sulla legge di Bilancio espresso dal Consiglio nazionale dei commercialisti, presieduto da Elbano de Nuccio, in un documento inviato a Camera e Senato è quindi
positivo per gli interventi di riduzione della pressione fiscale e, segnatamente gli interventi tesi ad ampliare la platea dei contribuenti ammessi al regime
forfettario nonché per le misure di sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti consistenti nella riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e nella riduzione dal 10 al 5
per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d'impresa ai lavoratori dipendenti del
settore privato.
Altrettanto positivo è il quadro di norme teso a consentire il pagamento dei debiti tributari pregressi e la definizione dei contenziosi tributari in essere.
Nello specifico, nel documento, i commercialisti avanzano anche proposte emendative.
Per le varie forme di definizione agevolata della pretesa tributaria previste dal disegno di legge (ad eccezione della sanatoria delle irregolarità formali), i commercialisti, al
fine di rendere maggiormente sostenibile il pagamento di quanto dovuto dai contribuenti e garantire il buon fine delle misure di sostegno, nonché di rendere più omogenee le modalità di pagamento
in forma rateale, propongono la facoltà di rateizzare il pagamento in un massimo di 28 rate trimestrali (ovvero di sette anni), per importi dovuti superiori a 30.000 euro e fino
a 50.000 euro, e in un massimo di 40 rate trimestrali (ovvero di 10 anni), per importi dovuti superiori a euro 50.000.
Dalla categoria arriva anche la ferma richiesta di eliminazione della responsabilità solidale dell’intermediario che trasmette la dichiarazione di inizio attività, per la
sanzione di 3.000 euro prevista a carico del contribuente che, in esito ai controlli dell’Agenzia delle Entrate connessi al rilascio di nuove partite IVA, non abbia risposto
all’invito a comparire ovvero non sia riuscito a dimostrare l’effettivo esercizio dell’attività, e che pertanto risulti destinatario del provvedimento di cessazione della partita IVA.
Si tratta infatti di una responsabilità del tutto ingiustificata, non disponendo certo l’intermediario degli strumenti e dei poteri riconosciuti all’Agenzia delle entrate per verificare
l’affidabilità del soggetto che richiede l’attribuzione della partita IVA.
Peraltro la responsabilità scatterebbe per una violazione del contribuente che si perfeziona soltanto dopo l’apertura della partita IVA, che viene constatata attraverso controlli ex post
dell’Agenzia delle Entrate e che l’intermediario è impossibilitato a conoscere all’atto della trasmissione telematica della dichiarazione di inizio attività. Il che si traduce in una impropria
attribuzione di responsabilità a carico dell’intermediario per comportamenti del contribuente soltanto successivi all’incarico ricevuto e neppure prevedibili all’atto dell’effettuazione
dell’adempimento.
La categoria ribadisce anche la richiesta di una misura che consenta alle banche di liberare una parte del plafond che hanno ancora disponibile per l’acquisizione dei crediti da bonus fiscali,
già avanzata nei giorni scorsi in audizione al Senato. La proposta è che i crediti d’imposta derivanti dagli interventi ammessi al superbonus relativi alle comunicazioni di
cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati, possano essere riportati, ai fini del loro utilizzo in compensazione, sino al
sesto periodo di imposta successivo a quello di competenza.
Infine, è stata anche ribadita la richiesta di una norma di interpretazione autentica in tema di bonus fiscali diversi dai superbonus che, a seguito delle recenti pronunce della
Corte di cassazione, chiarisca definitivamente che per i bonus minori non è necessario il riscontro dello stato avanzamento lavori, così come più volte ribadito
sia dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che dall’Agenzia delle Entrate.
Tale provvedimento è necessario per tutelare la buona fede e l’affidamento degli operatori e dei loro professionisti, che hanno seguito le indicazione interpretative del MEF e dell’Agenzia delle
Entrate che ora, a seguito delle pronunce della Corte di Cassazione, rischiano di essere messe in discussione aprendo squarci preoccupanti nella credibilità delle istituzioni interessate e
alimentano nuove incertezze per le operazioni in corso.
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